Un tempo l’adolescente italiano aveva modelli esterni e interni che coincidevano.

Potevano essere Che Guevara o musicisti di spessore; leggeva avidamente e passava parte del suo tempo chiuso in una camera a suonare la chitarra o a pensare…. e…… a masturbarsi, come avrebbe detto Guccini.

La crescita avveniva prevalentemente in un privato raccoglimento, tra dischi e letteratura, in ascolto di un corpo in trasformazione, osservato, misurato,percepito nella temperatura, nei suoi odori, nelle forme che cambiavano.

Privato significava intimo, era il luogo della riflessione, del comporre, modellare, plasmare il pensiero alla ricerca di una coerenza di sé, spesso poetica, intellettuale.

I vissuti venivano scritti in luoghi riservati e servivano a capire i propri pensieri, erano un prendere forma.

La relazione era un bisogno.

Si passava tantissimo tempo con gli amici, con i coetanei, come risorsa per riconoscersi in una ricerca di crescita, di pensiero con una forma definita, che delimitasse se stessi come interi, interi unici ma comprensibili, magari attraverso la poesia di un linguaggio fortemente caratterizzato da modelli innovativi, nuovi, provocatori, distinti, diversi e comprensibili nella loro giovane, nuova vitalità espressiva.

Gli ormoni dettavano legge nella costruzione delle relazioni, finalizzate all’urgenza del contatto sensoriale, intimo e intimistico. Il sesso era prima di tutto scoperta di sé, incontro con l’intimità e il calore dell’altro come mistero vivo e pulsante, odoroso, caldo.

Il contatto tra i generi avveniva attraverso lo sguardo e il desiderio assecondava la ricerca di linguaggi del corpo; lo stesso abbigliamento consentiva di farsi riconoscere in un ideale politico di cui si sposavano pensieri, scelte, i codici di comportamento.

C’era una spinta alla relazione con l’altro, con gli amici da incontrare al muretto, con l’altro sesso; l’attrazione, la ricerca di un possibile contatto consentiva di riempire quel vuoto, quel confine nuovo che lo sviluppo aveva modificato.

Il pensiero era la risultante del desiderio di contatto, era concetto successivo alla ricerca del prendere forma. Ognuno era senso. Il corpo era senso. Il senso era discendente dall’intelligenza della sensorialità, dalla riflessione finale, dal capire cosa i sensi portavano alla luce in forma di pensiero. Fusione tra pensiero e sensi, contatto, sguardo, odori, calore, la percezione si sintonizzava sull’altro e viceversa.

L’intelligenza corporea era molto più raffinata. Per quanto si iniziasse già ad essere vittime di modelli esterni, ancora si cercava di essere unici, diversi, autentici, veri e nella propria autenticità capaci di sedurre il contesto, con la propria personale differenza.

ll contatto era nella presenza, nello spazio del corpo in movimento, nel sentire la complessità materiale, fisica e reale dell’altro, la consistenza del corpo vivo. E’ ora? Il pensiero è il risultato dell’esperienza? Come cambia il sentire? Siamo presenti a noi stessi e quanto? Cambia e come il corpo forgiato in un’epoca così distante da quel tempo? Come si sta evolvendo la relazione umana? Che tipo di interazione si svolge all’interno della presente generazione e tra generazioni diverse?

Sono queste domande che sorgono vivamente dall’attuale contesto sociale e relazionale, da chi vuol comprendere pienamente questo passaggio epocale per tutti.

Si esaminerà come i socialnetwork, i blog e altri strumenti virtuali modifichino la capacità di entrare in contatto con la profondità di noi stessi e dell’altro nei vari contesti sociali per essere vigili su come tali trasformazioni possano disumanizzarci e farci trovare impreparati di fronte ai profondi cambiamenti sociali conseguenti alla modifica della relazione.

Sarà questa la materia prevalente delle prossime occasioni di incontro all’interno dellarubrica che troverete nel prossimo numero rivolta a chi, tra i lettori, desiderasse confrontarsi su tali temi.

 

Cordiali saluti

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