psicoterapia

In questo momento storico molte persone sono spaventate, si chiedono come andrà a finire e soffrono del non poter controllare, per tempo, gli eventi; altri vivono emozioni molto forti, relative alla paura di contrarre il virus e alle sue conseguenze di sofferenza e morte; c'è chi ha paura della crisi economica,e chi non sopporta il cambiamento rilevante che si sta vivendo;la solitudine, inoltre, sta favorendo che riemerga il corpo di dolore di cui parla E.Tolle, traumi antichi, la cui angoscia si eleva fino alla coscienza.

La psicoterapia, in questo preciso momento storico, può aiutare le persone ad ascoltarsi, entrando in profondo contatto con le proprie risorse, la propria capacità di darsi il tempo, di espandere il pensiero e perchè no, esplorare nuove parti di sè e nuove soluzioni.

Ogni persona ha una sua grande cassapanca piena di strumenti e di solito, usa sempre gli stessi, quelli in superficie; la psicoterapia consente di andare a esplorare meglio il contenuto del baule, fino a consentirsi l'uso di strumenti, sempre propri, ma di cui non si ha la praticità.
Il terapeuta e il paziente imparano insieme ad usare queste risorse, pensano insieme; il terapeuta aiuta il paziente a darsi il permesso per esplorare, per consentirsi un cambiamento; lo sostiene nel ricontattare la propria parte poetica, cogliere la propria bellezza interiore, interpretarla semplicemente esistendo, sentendo la propria presenza più profonda, vivendo una nuova lettura di sè, contestualizzata nel momento attuale, con tutte le sue difficoltà.

Ecco una breve esperienza di sè, psicocorporea, da sperimentare in silenzio, prendendosi del tempo, meglio se scandito da un timer con gong.

Cerchiamo un angolo della casa, del balcone o per strada, vicino ad un albero o ad uno scorcio significativo, studiamo la luce giusta, vediamoci come dentro ad un quadro e cogliamo la nostra Poesia.
Noi siamo Poesia; la scordiamo, diventa un vestito dimenticato che sta nel limbo tra visibile e invisibile e si confonde con la fuliggine dei nostri pensieri, con lo scordare noi stessi, siamo parole che parlano in silenzio. Ma siamo Poesia, comunque, grazie a Dio, all'Universo, a Madre Natura, alla nostra coscienza, ai sogni da bambini, alla musica, alla danza, alle favole, all'esistere.
E quando ci accorgiamo di noi stessi, tutta la fatica e la sofferenza, vengono vissuti come meno dolorosi perchè uno sguardo gentile ci accompagna nell'ascoltarci, senza giudizio, come fossimo un fiore sul ciglio della strada.
Fermarsi ad ascoltare se stessi, così come si è, mettendo via la rabbia, che è solo un'illusione di forza, respirare immaginando che con il respiro una carezza entri in noi e una carezza sia diretta a tutti gli altri.

Lo psicoterapeuta aiuta il paziente a vedersi come chi supera l'ostacolo, come chi resiste, come chi scala la montagna. Ogni risultato è prezioso e va riconosciuto.
La psicoterapia è un'esperienza attraverso la quale si provano a creare nuove matrici, nuovi punti di partenza, nuove visioni possibili.
L'esperienza psicoterapica consente a persone di tutte le età e nelle varie fasi della propria vita, di trovare uno spazio nella mente, del tempo solo per sè, per prendersi cura delle proprie emozioni, in particolare in questo periodo, così insolito e imprevedibile, in cui ci si confronta con un male invisibile e subdolo.

dr.ssa Deborah Carta

 

Add a comment

cyberbullismo bullismo fb

Se la razionalità guidasse i nostri pensieri, il rischio di diffusione del covid sarebbe contenuto perchè, la logica, attiverebbe comportamenti responsabili e prudenti. L'uso della ratio sembra essere stato soppiantato da una modalità ansiosa di lettura e intervento sulle problematiche socio-sanitarie.

Il mondo social ha favorito la conflittualità social poiché, attorno al tema Covid, si sono costitutite fazioni opposte all'interno di una già vasta rete di gruppi che sostengono le posizioni più disparate. Interventisti contro negazionisti, filogovernativi contro complottisti, destra contro sinistra, sentimentali contro cinici, ogni fazione è fortemente succube dei likes, del bisogno di "essere visti" e del giudizio degli altri. Ogni gruppo, dietro un'etichetta che descrive la propria posizione egoica, attiva la conflittualità sociale a forza di post e commenti, non per fornire una lettura critica ma per rafforzare la propria visibilità.

La ricerca di antagonisti diventa incessante; l'uso del sarcasmo, il deridere l'altro, considerandolo un avversario, financo un nemico, rinforza il sentirsi solidi. In realtà l'Ego ubbidisce solo al suo bisogno di sentirsi forte, meglio se più forte dell'altro. Tutto questo bisogno di "forza" nasce da un profondo vissuto di impotenza relativo a ipocondria, germofobia, difficoltà di relazione, cattiva gestione della rabbia, disturbi sessuali, complessi di inferiorità.

L'aggressione agìta sui Social ha due possibili conseguenze: una piccola percentuale di queste persone si sente protetta dal proprio Ego, come se il proprio pensiero, incarnando una fazione potente, fosse magicamente in grado di proteggere i suoi sostenitori; la maggior parte delle persone, invece, mentre accusa, aggredisce, deride, non fa altro che accrescere il timore di conseguenze superstiziose per le proprie azioni. Chi vive di ipocondria e germofobia è spesso sensibile alle angosce persecutorie e così, ad ogni scarica di rabbia contro l'avversario virtuale, teme poi ripercussioni in termini punitivi.

La rabbia è un'emozione boomerang: chi la lancia ne diventa vittima nel profondo. La paura di effetti nocivi, conseguenti alla propria azione aggressiva, si trasforma in ansia pervasiva fino all'attacco di panico. E così la paura del contagio si trasforma in angoscia persecutoria e ipocondria, i Pronto soccorso si riempiono di sintomi enfatizzati, l'emergenza santaria viene aggravata.

Il conflitto sociale continua a dare forze a nuove fazioni sempre più rigide, egoiche e la comunicazione è sempre meno comunicare e sempre più ergersi su un piedistallo.

La livella rimane quella di Totò, senza ipocrisie e narcisismi.

 

dr.ssa Deborah Carta

 

Licenza Creative Commons
L'elaborazione grafica che apre questo post è tratta dal sito web: GayPost ed è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
Based on a work at https://www.gaypost.it

Add a comment

Moms Twitter Lesson Part 2 "Mom's Twitter Lesson Part 2" by cogdogblog is licensed with CC BY 2.0. To view a copy of this license, visit https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/

La pandemia per Covid 19 ha enfatizzato, nelle persone più ansiose e ipocondriache, la paura dell'invisibile, di ciò che è sconosciuto; tutto ciò che accede al corpo attraverso il respiro viene vissuto come un fantasma che elude ogni distanza interpersonale, che invade e penetra corpi vunerabili e costringe a proteggersi dentro rifugi percepiti sicuri, solo se privi di relazioni con l'esterno, a volte nemmeno così.

La pandemia ha costretto le persone più fragili a separarsi dagli altri, causando dolorosi vissuti di solitudine.
I più esposti alle conseguenze del vissuto di isolamento sociale sono gli anziani, esclusi dal contesto lavorativo, stimolo cognitivo e luogo di serrato confronto, di gratificazione del proprio talento e operato, desiderano relazioni con i propri figli e nipoti, a loro volta impegnati nel quotidiano, di conseguenza lontani fisicamente.

I più anziani, nella relazione sociale, si sentono protetti, sicuri e percepiscono di appartenere al gruppo, una necessità per loro, che si intensifica con il passare dell'età.
Al contrario l'isolamento, scelto o forzato, è foriero di problematiche fisiche ed emotive poichè, durante le lunghe giornate di solitudine, emergono dall'inconscio i traumi più antichi, tematiche nascoste nella memoria più lontana, risalgono lungo un sentiero creato proprio dal silenzio affettivo dovuto alla separazione dagli altri; i temi più angoscianti si affacciano alla mente producendo una deriva ansioso-depressiva e una ricaduta sul corpo.


Molte malattie sono considerate, da valide ricerche, conseguenza dell'isolamento sociale, nelle persone in età avanzata, sono in termini di problematiche cardiovascolari, autoimmuni, disturbi neurocognitivi, del sonno, disorientamento e, addirittura, decadimento cognitivo fino alla demenza.
La solitudine è considerato un fattore predittivo di mortalità, alla stregua del fumo, obesità, pressione arteriosa elevata e colesterlo alto.


I disturbi mentali come ansia e depressione, paure e fobie spesso esitano, a loro volta, in un ulteriore ritiro sociale, spaventato e diffidente, con vissuti persecutori e di disvalore. Il sistema immunitario si indebolisce a causa della sofferenza emotiva ed affettiva fino ad aumentare gravemente il rischio di aggravamento di qualsiasi patologia.
La vicinanza fisica viene intesa, dalle persone in età avanzata, come vicinanza affettiva; in assenza delle relazioni significative di sostegno, si sviluppano comportamenti di rabbia e allerta nei confronti dell'altro, più giovane e forte, potenzialmente minaccia alla propria incolumità, a causa di un vissuto importante di fragilità ed esposizione al pericolo.


La necessità di proteggere i nostri cari più anziani, favorendo che rimangano protetti all'interno di un "rifugio sicuro", si trasforma, nella loro psiche, in un essere emarginati e rinchiusi in una gabbia di noia e solitudine.
Diventa estremamente necessario comunicare chiaramente, esplicitamente i propri sentimenti, esprimere la propria affettività, condividere le esperienze quotidiane attraverso gli strumenti tecnologici e insegnare loro ad usarli e ad esprimere, a loro volta, le loro emozioni, i pensieri, le riflessioni, coltivando allegria e sorriso.


Usare Whatsapp per scrivere e ricevere in chat, le piattaforme video come Skype, fare videochiamate, confrontarsi sui social, tutto questo per riuscire a mantenere le relazioni e costruirne di nuove.
La comunicazione virtuale può aiutarli a viversi come al passo con i tempi, capaci di innovazione, può incuriosire, può essere la novità che distrae dalla necessità di esperienza di vicinanza fisica.


Può essere prezioso suggerire la ricerca di un sostegno psicoterapico attraverso il web; trovare uno spazio per sè, pur attraverso un monitor, può guidare le persone più in difficoltà, a elaborare ansie e vissuti di esclusione, la rabbia, il dolore causato dalla solitudine; il sostegno telematico favorisce la razionalizzazione del contesto e consente l'accettazione del limite imposto dall'emergenza sanitaria, favorendo la pacificazione con l'altro e con i propri pensieri più dolorosi.

 

Dr.ssa Deborah Carta
 

Add a comment

#incontriconleistituzioni oggi parliamo di turismo naturista. Con noi la psicoterapeuta Deborah Carta che ci sta spiegando i benefici soprattutto dal punto di vista delle donne. :) #sardegnanaturista PARTE3

Pubblicato da Radio Venere Sassari su Venerdì 3 agosto 2018
Add a comment
Masha con la torta

Diversi mesi fa mi è stato chiesto cosa pensassi del cartone animato Masha e Orso,un cartone animato molto noto, tanto che uno dei sui episodi è tra i 5 video più cliccati su YouTube. Ho cercato di analizzare le ragioni di tanto seguito. Vado a pubblicare oggi domande e risposte scaturite in questa “intervista-consulenza”.

Add a comment

figli della stessa rabbiaL’attuale scena politica ha, rispetto alla mancata realizzazione dell’individuo, una qualità giudicante e punitiva, oserei dire “persecutoria”: chi non concretizza “non ha fatto abbastanza”, “non vale abbastanza” e sempre più recentemente “non si sa integrare nel sistema”. Il messaggio rivolto a chi è in difficoltà diventa gambizzante, inibitorio.

Add a comment

corpo nudo“Ma perché proprio nudi, scusa! Ma cosa vuoi che faccia una mutanda? Io sto benissimo anche tenendo addosso i miei slip! A me sembra che siate proprio tutti un po’ egocentrici e vi vogliate far notare! Ma il vostro capo è quello che ce l’ha più lungo?”

“Mah, veramente io sto proprio bene nudo e quel pezzo di stoffa che ti metti addosso a me disturba proprio!! E in mezzo ad altri naturisti ho solo la sensazione di stare a mio agio! Ma quale capo!!!! Ahahahahaha! ..E comunque io non guardo il membro degli altri: sarebbe come guardargli un bracco o una gamba!”

Beh, si, capita spesso che l’altro sia incredulo quando un nudista comunica il piacere che procura lo star nudi. Da un punto di vista psicocorporeo quel pezzo di stoffa interrompe una continuità percettiva della presenza di sé. Proviamo ad andare in spiaggia e sederci comodamente.

Osserviamo uno scorcio, come dovessimo scattare una foto; delimitiamo con lo sguardo uno spazio cogliendone tutti i dettagli. Chiudiamo gli occhi e teniamo a mente il nostro paesaggio. Quando abbiamo ben chiara la nostra immagine, sempre con gli occhi chiusi, poggiamo una mano su una delle nostre palpebre abbassate. Cosa succede? Per qualcuno l’immagine si coprirà di un’ombra, come se fosse arrivato un nuvolone sulla spiaggia, per qualcun altro l’immagine scomparirà.

La stessa cosa accade a chi in spiaggia si spoglia completamente, gode del sole, dell’aria salata, del vento che definisce i confini. Ad un certo punto indossa il costume. La percezione di sè, il benessere si riduce notevolmente, come avesse chiuso un occhio, come fosse arrivato un nuvolone. Perché?

Prima di rispondere suggerisco di togliere il costume e poggiarlo su un braccio o su una gamba o sul petto. Succede la stessa cosa? Eh no!!! Non arriva nessun nuvolone, solo un piccolo cambio di temperatura a livello della parte del corpo che è stata coperta.

I genitali sono il luogo del corpo assolutamente più sensibile; sentono e rimandano sensazioni molto definite, intense, vere. Tali sensazioni fanno evolvere la percezione visiva, uditiva, gustativa, olfattiva e tattile, in una sorta di consapevolezza, coscienza di tale percezione. Senza “quel pezzo di stoffa” l'individuo si sente integrato nel mondo e ciò favorisce il piacere di esistere .

 

Deborah

Add a comment
Apatie generazionali. I giovani non si ribellano?

Non è semplice far partecipare i giovani ai percorsi di crescita. Ci si iscrivono principalmente donne dai 38 anni in sù; sono loro le più motivate a costruire se stesse.

Seguo tuttavia un gruppo di ragazzi e giovani adulti .

Convincerli a lavorare su se stessi è stato faticoso. Non è facile che adolescenti, tardo adolescenti e giovani adulti siano interessati a costruire risorse per svincolarsi dal loro quotidiano: è l'unica cosa che hanno , il presente, l'oggi, l'adesso.

Add a comment

Ogni giorno le cellule del corpo si rinnovano; ogni momento il battito del cuore è unico e irripetibile e le nuvole in cielo sono sempre diverse e non le rivedremmo mai diverse vivessimo 1000 anni.

Tutto è in continuo divenire e trasformarsi.

La visione si ferma solo se si guarda dal buco della serratura.

Aspettarsi che ad un momento succeda un altro uguale cristallizza impedendo di essere sempre nuovi.

Cambiare prospettiva, cogliere il divenire, uscire dall'automatismo del ripetersi, doloroso ma conosciuto, credere di potersi rivoluzionare quotidianamente, è aprire la porta, superare l'uscio, entrare nella vita in cui tutto diventa possibile.

Auguro a tutti un nuovo anno capace di essere nuovo, minuto per minuto.

Add a comment

psicosiPsicosi.

Per molti è “la fine”.

E non parlo dei “malati” che non si riconoscono facilmente nella malattia. È la fine per i familiari a cui gli psichiatri e spesso molti psicoterapeuti dicono che non c’è più speranza.

La psicosi o schizofrenia è considerata una necrosi della mente, l’impossibilità della ratio, della “normalità, un’assenza di senso bizzarra, incomprensibile.

Sono pochi i professionisti della salute mentale che credono nella possibilità della cura e guarigione dalla psicosi, dalla schizofrenia.

Recentemente il National Institute of Mental Health (NIMH), la struttura pubblica che fa parte dell’agenzia governativa che si occupa della salute negli Stati Uniti ha dimostrato, grazie ad un progetto Recovery After an Initial Schizophrenia Episode (RAISE) che la schizofrenia è curabile con la psicoterapia se la cura viene intrappresa in fase iniziale.

Add a comment

SOS PASSIONI
Add a comment

La nostra rubrica in questo numero perde un po’ il suo linguaggio giocoso per l’esigenza emersa dai fatti di attualità di parlare di psicosi, di patologia mentale. Si è evidenziato fortemente il grado di ignoranza della nostra società nei confronti della patologia mentale e la difficoltà a trattare un argomento vissuto come fortemente scomodo.
Di sofferenza mentale parlano i malati, i loro parenti e gli operatori motivati. Per la nostra società civile la malattia mentale non è un argomento rilevante. Se ne parla solo in termini scandalistici, occasionalente, trattando eventi dramatici coinvolgendo opinionisti invece di specialisti che possano avere una funzione chiarificatrice ed educativa.
Ci sono madri infanticide, femminicidi, follie assassine, giochi aggressivi che mettono a rischio la vita di adolescenti senza consapevolezza e molto altro eppure ogni caso viene trattato come fosse a se stante, non sufficientemente collegato al malessere sociale che lo ha prodotto.

 

senza pelle

Si evita di far emergere che la nostra società si ammala sempre più a causa della mancanza di cultura, conoscenza e contatto nelle relazioni, a causa dell’essere sempre meno presenti a se stessi. Oggi voglio parlare di psicosi, di come nasce e della paura di essere matti, del desiderio di nascondere i malati e non vederli oppure esorcizzare la patologia deridendoli o trattandoli come avessero una dignità inferiore a chi, per dirla con Gaber sta” fuori dal cancello”. Mi scuso con i lettori laddove il linguaggio fosse un po’ tecnico ma ho fiducia che chi desideri conoscere anche questo punto di vista non avrà difficoltà a sintonizzarsi sul linguaggio un po’ specialistico. “Senza pelle” è l’appellativo che si da ai neonati che, privi di un contenitore mentale strutturato interiore perchè ancora non formato, percepiscono ciò che li circonda, in assenza della funzione materna, senza strumenti precisi, in modo confuso e perturbante, invadente e spaventevole. Questo accade perchè il neonato è stato contenuto per nove mesi in un utero morbido, caldo, rassicurante. Dopo il parto il contenitore fisico non c’è più e il piccolo di sente sperso:

Add a comment

la biodiversita dell amoreMi preoccupa il rischio d’estinzione di quello sguardo in grado di attraversare quattro tavolini del locale dalle luci soffuse per soffermarsi, a più fiate – direbbe Dante – negli occhi dell’oggetto desiderato che diventa soggetto e si incuriosisce del coraggio, del desiderio e cerca di conoscere, cogliere, esplorare, tra il visto e non visto, il primo.

Ho la stessa apprensione riguardo l’attesa, il tempo che costruisce l’immaginario e il sintonizzarsi sull’altro aspettando che la vita prenda forma.

Nooo! Non ditemi che appaio romantica e retrò, legata a vecchi schemi comportamentali, quelli prima dell’avvento del web!

Sono preoccupata davvero dell’angoscia di contatto che riduce l’approccio de visu e aumenta quello virtuale.

Temo nei riguardi della biodiversità dell’amore. Desidero intensamente che uno sguardo attento e consapevole protegga dall’estinzione la seduzione nel mondo reale.

Potete controbattere che il sito di incontri o il social sono solo un’altra opportunità di conoscenza ma sappiamo molto bene che è troppo spesso un sostituto.

Add a comment

“Occhi di cane azzurro”è il titolo di un insieme di racconti di Gabriel Garcia Marquez in cui si mischiano sentimenti e sensazioni diverse, storie lontane e distorte ma comunque legate da un sottile filo di azioni e significati...ed è il titolo della rubrica psicologica della rivista "Lavoro e salute".

Perché questo titolo per una rubrica psicologica?

Perché vogliamo osservare insieme e con lo sguardo terso di un cane, empatico, esplorativo, ingenuo e profondo mentre ci accompagniamo a voi in una strada di ricerca emotiva e psicosociale.

occhi di cane azzurro

Add a comment
C@mbiamenti

Un tempo l’adolescente italiano aveva modelli esterni e interni che coincidevano.

Potevano essere Che Guevara o musicisti di spessore; leggeva avidamente e passava parte del suo tempo chiuso in una camera a suonare la chitarra o a pensare…. e…… a masturbarsi, come avrebbe detto Guccini.

Add a comment

cambiamentiCi siamo lasciati, lo scorso numero, con diverse domande aperte a proposito di come sia cambiata la relazione con se stessi, con gli altri e con il corpo nell’era dei social network.

Add a comment